lunedì 24 ottobre 2011

Sabbia e pece.

Da leggere ascoltando:

Sera. L'inverno si avvicinava a passi neanche troppo felpati alla città. Mi trovo in un teatro dal parquet di un legno caldo, le cortine pesanti, un occhio di bue blocca in gelatina un pianoforte. Terza fila.

Non è la prima volta che utilizzo quell'ascendente tipico delle donne sugli uomini per ottenere qualcosa. Lui è un ragazzo del Dipartimento, che mi saluta con quel sgradevole "ciao bella" ognisantogiorno. Lui è un post-doc e gli piace vantarsi della sua carriera professionale. Credo non sospetti nemmeno lontanamente che è una delle cose che detesto di più. Calcio, soldi, macchine e quanto sei figo professionalmente parlando. Argomenti che mi azzerano totalmente ogni tipo di reazione chimica neuronale. Più del sonno.
Però lui aveva dei biglietti per il concerto di Allevi.

Allevi non lo avevo mai ascoltato. Forse per curiosità su YT. Un paio di volte. Ma non mi aveva colpito.

Adoro Einaudi. Questo sì. E uno dei miei ricordi più belli parla di un'alba a Rimini alla conclusione della notte rosa. Amici. Sono sdraiata sulla sabbia, la schiena contro il mio ragazzo di allora, a guardare il sole che progressivamente smetteva di tingere il mare e abbandonava i colori magici del rosso per diventare un classico sole di inizio luglio. Ad accompagnare questo momento già di per sè magico, Einaudi suonava il piano, in riva al mare. E' stato un momento di un'intensità così bella e preziosa che ancora oggi, a diversi anni di distanza, chiudendo gli occhi, sento il rumore delle onde del mare in bonaccia, e quelle note stupende, la salsedine, il calore del sole e la mia spina dorsale si ammorbidisce.

Sono molto curiosa di vedere se Allevi saprà equivalere questo ricordo.
La melodia sà toccare le corde giuste. Ma quello che mi emoziona di più sono le sue mani, quelle stesse che si muovono sicure e veloci sui tasti, al termine di ogni canzone, si alzano tremanti. Un fremito incontrollabile che lui non riesce a dissimulare.E si tocca il petto. E cerca di respirare. A volte appoggia le dita alle sue labbra e le riappoggia sui tasti, come se lui stesso rimanesse incredulo davanti alla magia di quelle note. E si alza, presentando la canzone successiva, come sempre. Si appoggia ripetutamente con una mano allo strumento, una presenza che rassicura, forse.

Mentre lui suona, nella mia immaginazione si alza una ballerina che comincia a danzare. E sento il rumore ritmato e sordo delle scarpe da punta sul parquet, l'odore della pece, il calore asfissiante dei fari e il dolore ai piedi.
Sono contenta di aver ripreso a danzare.
La mancanza della ballo era diventato così viscerale da essere per me insopportabile.

2 commenti:

  1. quindi ricapitoliamo: piace A.Roy, citazione di J.Gaardner - che quindi piace pure lui credo -, Bologna, sintassi gradevole. Fortuna che sei fuori mano.

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  2. Effettivamente sì, adoro quel libro di Gaardner. Ha contribuito al mio giro di boa un paio di anni fà.
    Io direi piuttosto: peccato che vivi al polo nord.

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